GIANNI ZANIN

Ciao a tutti. Mi chiamo Gianni Zanin (Gi@nniBC per gli amici), sto andando verso i sessanta, il cervello va in panne e quindi ho deciso di raccontarvi qualcosa di me. Vi conviene prendervi un giorno di ferie per leggere il tutto e probabilmente alla fine direte “ma chi me l’ha fatto fare”?

Facendo le dovute sottrazioni…doveva essere l’anno 1978. Sì..l’anno della prima vittoria alla Parigi-Roubaix di Francesco Moser (non quello della Rodriguez..il papà) con addosso la maglia di Campione del Mondo. Il mio sogno però erano le moto: la finestra della cucina al secondo piano della mia abitazione faceva giusto da palcoscenico all’argine del torrente Astico. Le riconoscevo da lontano: Ossa, Bultaco, Ktm, Maico (soprannome che mi aveva dato mia mamma), e anche le mitiche Caballero. Non conoscevo solo le moto, ma anche chi vi era sopra. E loro a divertirsi come matti nel torrente…ed io impaziente ad aspettare l’imbrunire, quando se ne tornavano a casa e la pista da cross sarebbe stata tutta mia. Con la mia Graziella gialla..o quando riuscivo a fregare l’altra a mia sorella..anche con la bianca. Al posto della manopola destra un finto acceleratore per imitare i miei idoli. Non so se tornavo a casa senza fiato da quanto avevo pedalato sognando di avere un motore sotto o se da quanto simulassi il rumore del motore con la mia bocca. Naturalmente al ritorno erano botte….avevano già cenato. Desiderio quindi irrealizzabile….avrei dovuto accontentarmi di meno. Posso portare la tua bici in garage? Chiesi a mio padre che, pur non sapendo bene il perchè, aveva deciso che era giunto il momento per regalarsi una splendida specialissima telaio Columbus Milani, colore blu notte, montata super record Campagnolo, naturalmente dal mitico meccanico Bruno Rossi. Non so quanti mesi di stipendio potesse costare una simile creatura. La cosa che mi faceva più indispettire era l’uso riservato a quel potente mezzo: pochi km per raggiungere il bar più vicino, rigorosamente in divisa sportiva e con la tasca piena di marmellatine per fare quel breve tragitto. Ma alla domenica super giro con la squadra: una bella quarantina di km suddivisi un due trance, con fermata obbligatoria a metà percorso al ristoro predisposto dalle mogli, tra panini con soppressa e tanti “gotti de quel bon”. Era il periodo dell’ austerity..solo bici in giro. Ed io a guardarli. Sì ok..avevo anche una Gitane francese, con cambio, ma non era una bici da corsa. In tv il bravo De Zan annunciava la mitica sfida tra Moser e Saronni. Io tifavo il primo. Le moto? ah si…le moto. I manifesti appesi alle porte dell’armadio della mia camera stavano pian piano sparendo. L’odore dell’olio di ricino era ormai un vago ricordo. Che ne faccio di tutti questi numeri della rivista motocross? Non so..intanto mettiamoli qui da parte. Ma la passione per il ciclismo era tanta. Mi sono messo in ginocchio….per piacere, papà..portami a vedere il Giro D’Italia che passa per Carmignano di Brenta. C’è il ponte di legno…devono rallentare..li vedrò bene!!! Forse è stato l’unico momento nel quale si è comportato da essere umano e mi ha assecondato. Ecco la carovana del Giro..pelle d’oca….motostaffette…eccoliiiiiiiiii….E’ in quei momenti che capisci quanto ti sia maledettamente entrata dentro quella “cosa”..non so che sia..passione, voglia di essere quello che non sei mai stato, il sogno di quel che vorresti essere. Si crea quel connubio che nessuno potrà mai spezzare, che farà per sempre parte della tua vita. Magari poi ti scorderai chi ha visto il mondiale l’anno prima o chi la Grande Boucle, ma ti segnerà per sempre.

A destra: GianniBC a 7 anni e a 14 con Delf e la mitica Gitanes

Qui finisce la mia parte adolescenziale di ciclista sognatore, visto che nel 1979, a 15 anni, ho la fortuna di vivere da protagonista questa magnifica attività sportiva. Non mi metto a raccontare cosa ha insegnato a me il ciclismo, cosa mi ha dato, cosa mi ha fatto capire e quanto mi ha fatto maturare e crescere, perchè rischierei di dire tanto per non farvi capire nulla. Vi racconterò invece della mia brillante carriera agonistica: fine. Già? Essì….tanta passione e devozione…ma un “petit motor” con il quale devo fare i conti a tutt’oggi. Si..ok..qualche risultato è arrivato e, negli anni successivi, anche qualche vittoria, ma nulla a che fare con i “ciclisti veri”. Mi sono sempre difeso bene perchè maniaco sull’allenarmi come si deve, sulla costanza, sulla tattica di gara. Ho sempre avuto una chiara visione di come potesse essere la trama della corsa ed al momento giusto spesso ero lì con i forti..ma loro poi lo erano veramente..io un pò meno. Non rimpiangerò MAI quel periodo…molti amici di allora li frequento anche oggi e questo legame indissolubile che ci lega è il ciclismo. Scorrendo un pò veloce, ho corso tra le fila giovanili della FCI fino ai 18 anni, per poi entrare a far parte della “Benemerita” e rimanerci per un bel pò. Ma sulla bici ci sono tornato in fretta..a 23 anni già mi cimentavo nelle famose gare dei “cicloombre”, ed anche li ho avuto la fortuna di crearmi parecchie amicizie, sia in gara che fuori. E’ stato un bel periodo, ma poi ho assistito al lungo ed inesorabile declino della categoria (a buon intenditor….) e, soprattutto, alla fine di quel clima “festaiolo” che tanto ho sempre amato e che era parte integrante di quel mondo, dove però non si puntava più all’amicizia ma si litigava con il fratello di sempre per una borsetta della spesa.

A sinistra qualche bel ricordo di GianniBC in maglia Sanson Pignatto Nove categoria Allievo e con la Divisa della Benemerita

Poi l’abbandono di quel mondo..grazie anche a due figli che, ciclisticamente parlando, non hanno preso nulla dal padre: sia il maschio che la femmina mi hanno riempito d’orgoglio e, finchè è durata, è stata una soddisfazione immensa. E sono sicuro che anche a loro tutto questo sia servito per affrontare questa “giungla” nella quale viviamo. Non sto qui a raccontare tutti i loro successi…ma vi assicuro che rimangono vivi dentro di me. Durante la loro vita sportiva, per poter rimanere al loro fianco, ho frequentato tutti i corsi da Direttore Sportivo richiesti dalla FCI, ed attualmente sono in possesso della tessera di 3° Livello. Per molti anni ho allenato squadre di ragazzi: dagli esordienti e gli allievi della mitica Mainetti dell’indimenticabile Lorenzino Girardello per poi passare agli Juniores della plurivittoriosa Sandrigosport. Anni nei quali i ragazzi hanno vinto di tutto, compreso un Mondiale in pista con il talento (sprecato) di Dario Sonda. Tutti ricordi bellissimi ed indelebili.

Nelle foto a destra potete vedere la Campionissima Elisabetta, sul podio e col papà DS e Luca, in maglia Mainetti, con a ruota il prof Enrico Battaglin

Se siete arrivati a leggere fino a qui, oltre a farvi i miei personali complimenti, avrò il privilegio di raccontarvi questa mia “mutazione” e di spiegarvi cosa ci faccio in questo Blog

Da quel famoso 1979, anno in cui la “Sanson Pignatto” mi ha messo a disposizione bici e vestiario e mi ha detto “pedala”, di km il giro per le strade ne ho macinati più di qualcuno. Con questo continuo macinare ho avuto il “dispiacere” di assistere anche al cambiamento sia del mondo del ciclismo ma anche del luogo dove questo si svolge principalmente, e cioè nelle comuni strade asfaltate o betumate, come va di moda chiamarle oggi. Andavamo in giro ad allenarci in squadre composte da 15-20 corridori. Rigorosamente in doppia fila, che tra l’altro era anche un esercizio da praticare per eseguirlo in gara. Senza caschetto. Senza un accompagnatore che ci seguisse per strada con l’ammiraglia. Incredibile ma…mai una lite con un automobilista, mai una parola di troppo, mai un incidente. I tempi (e soprattutto gli animi delle persone), le strade, le situazioni del traffico hanno subito una amplificazione e modificazione all’ennesima potenza. Ora non vado a cercare di chi sia la colpa di tutto ciò, del perchè non siano stati mai individuati dei percorsi protetti ove magari le auto fossero ammesse solo in un senso di marcia per delle ore in determinati giorni o altre soluzioni valide: so solamente che gli incidenti ed i ciclisti morti sono sempre di più, casco o non casco, prudenza o non prudenza, e tutto ciò mi ha tolto la mia serenità ed il mio divertimento nelle uscite in bici. Quindi, dopo aver tentato qualche altro diversivo tipo “Brevetto del Grappa” e simili per vedere se le strade betumate facevano al caso mio, dopo aver constatato di persona che, pur uscendo da solo e rispettando il C.d.S. non riuscivo a fare un giro senza rischiare di essere travolto almeno una volta, ho ammesso la mia personale sconfitta. Quale alternativa? La prima che mi è naturalmente venuta in mente: la MTB. Ma i ricordi passati di queste biciclette molto pesanti, con ruote piccole, dure da spingere per fare velocità e soprattutto la non conoscenza dei posti dove pedalarci sopra non mi attirava un granchè. Provo quindi un mezzo usato ma già abbastanza serio (intendo..bici con telaio carbon) e le famose ruote da 29. Che dire… splendida sorpresa…mi ha colpito per bene. Decido quindi di buttarmi in qualche pedalata con amici, e noto il clima completamente diverso dei gruppi che frequentano le strade asfaltate con bici da corsa. Qualche bella fermata con panino e birra, qualche sosta per scatto foto con cellulare, fermate alle fontane che si protraggono per parecchio tempo perso in chiacchiere, l’occhio che non guarda più la media sul contachilometri. Caspita dico..allora c’è ancora una possibilità. Ma naturalmente la mia Pinarello attaccata al gancio in garage comincia a lamentarsi e la riporto in giro. Nel frattempo vendo la mia MTB usata per altra più prestante e leggera. Amore a prima vista. Con un navigatore con cartografia e scaricando tracce di percorsi fatti e condivisi da altri con la mia stessa passione, mi accorgo che già da 1 km dalla mia abitazione ci sono luoghi per me inesplorati e sconosciuti. Con la bici da corsa non c’è una strada asfaltata che non conosco e non ho battuto per un raggio penso di..200 km..in mtb ogni giorno posso fare un percorso nuovo in posti da sogno.
Per la prima volta, nell’anno appena finito, è successa l’inversione della tendenza: su 13 mila km pedalati, 9 mila sono stati quelli in mtb e solo 4 mila quelli in bdc. Quindi cosa ho deciso? La logica conseguenza.. Ho venduto la mitica Pina e mi sono messo alla ricerca di una seconda bici da affiancare alla mtb, che rispecchiasse i miei desideri e i miei progetti futuri.
Per la prima volta, nel 2017 ho deciso di partecipare ad un trail: precisamente il Veneto Trail. Una avventura per lo più in strade sterrate e secondarie che prevedeva oltre 500 km e 9 mila Metri di ascesa in modalità “unsupported”, e cioè priva di qualsiasi supporto logistico. Stile “randonnèe”..tanto per capirci. Si viaggia quando e quanto si vuole..di giorno e di notte, e si decide da soli dove e se fermarsi a dormire e mangiare. Viene solamente data una traccia da caricare sul gps per seguirla dettagliatamente e..stop. Se si vuole ottenete il brevetto c’è un massimo di ore entro il quale percorrerla, oppure uno quando arriva arriva…specie se non sa che farsene del brevetto. Nessun numero attaccato alla schiena. Solo tanta voglia di fare fatica, vedere posti fantastici e provare esperienze nuove.

Ecco quindi il perchè della scelta della mia nuova bici, marchiata CICLI ROSSI: nella mia testa, fisico permettendo, frulla l’idea di percorrere quest’anno il Veneto Gravel, il Veneto Trail ed il massacrante South Tyrol Trail. Ma non ho ancora abbandonato del tutto gli amici che posseggono solamente la bdc, ed ecco quindi che il mezzo deve essere ibrido al massimo per soddisfare le mie esigenze. In base poi alle informazioni raccolte sui vari trail, deciderò quale mezzo sia meglio usare per quella manifestazione, quale manubrio, quali ruote, quali borse da bikepacking, quale attrezzatura e vestiario sia meglio portare con me.

Per coloro che sono curiosi di capire cosa sia stato in grado di fornirmi il mio super meccanico di fiducia Gabriele Rossi, cliccando QUI troverete scheda e foto del mezzo.

Vi ringrazio per la pazienza che avete avuto nel leggere questo poema, e la mia intenzione è quella di creare un racconto di viaggio per ogni singolo trail o anche giro normale ma comunque ritenuto interessante, sperando di invogliare anche voi a provare sensazioni simili.

Che dire ancora: BUONE PEDALATE A TUTTI!! Gi@nniBC